Ho conosciuto Antonio Tabucchi alla radio, molti anni fa, dopo l'uscita del suo libro Requiem (1992) del quale ho avuto l'onore e il piacere di leggere (perché è un piacere leggere ad alta voce Tabucchi) molti passi per una trasmissione che lo vedeva protagonista su Radio Tre. Se ben ricordo era Paesaggio con figure.Rimase colpito dalla mia lettura e volle parlarmi. Io ero felice che uno dei miei autori preferiti - Notturno indiano uscito qualche anno prima mi aveva incantato - mi trattasse con dimestichezza quasi con familiarità e allo stesso tempo ero imbarazzato per il suo volto severo che non sapevo come interpretare. Nacque un'amicizia. Ci siamo incontrati molte volte tenendo conto che incontrarsi con Antonio non era facile in quanto risiedeva a Parigi, a Lisbona e poco in Italia, a Vecchiano. La sua grandezza di scrittore era nota a tutti. Ma io durante i nostri incontri ho avuto modo di scoprire la sua umanità. La sua generosità. L'equivoco del suo volto severo e un po' scostante si è dunque sciolto. Ho imparato ad apprezzare la sua ironia, la sua autoironia soprattutto e il piacere che aveva di ridere. Era talmente grande che non temeva di rimpicciolirsi se faceva un complimento ad altri o se mostrava di apprezzare il lavoro degli altri. Pronto sempre ad aiutare. Spontaneamente, anche se nessuno glielo chiedeva. Conservo molte delle sue mail e ricordo ancora l'emozione che provai quando mi arrivò, scritta alle 2,47 della notte, una che diceva: "Ho appena finito la fanciulla di Huelva, e prima di andare a letto volevo dirti che sono rimasto impigliato nella tela della tua tarantola tutta la sera, in stato di fascinazione. Splendido". Stava leggendo il mio libro Danzare col ragno che gli avevo appena inviato.
Le sue mail erano scritte sempre nelle ore della notte o del primo mattino. "Notturno Antonio" lo chiamavo.
La sua vita entrava e usciva dalla letteratura in modo continuo, imprevedibile, quotidiano. Era affascinante. E intanto arrivavano come doni del cielo Sostiene Pereira, La testa perduta di Damasceno Monteiro, Il tempo invecchia in fretta.
Leggendo Viaggi e altri viaggi (2010) ho scoperto che avevamo in comune molte più cose di quanto avessimo creduto e che avevamo compiuto di frequente gli stessi percorsi, e glielo ho detto. L'età intanto, l'amore per la Grecia per la quale nutrivamo gli stessi sentimenti, l'amicizia con Anghelopoulos. Avevamo visitato gli stessi luoghi con sguardo simile. Eravamo stati ad abitare negli stessi hotel, come quello in Cappadocia, vivendo le stesse sensazioni. Per avergli raccontato tutto questo dopo la lettura di Viaggi e altri viaggi mi disse che voleva farmi un regalo esclusivo: il racconto, solo per me, di un altro viaggio, esilarante e tragico allo stesso tempo. Era il racconto che vedeva protagonista una donna, disperata e in lacrime, incontrata in aereoporto che aveva perduto il marito, chiuso in una valigia, durante il volo per Luxor. Sgomento! Il marito in realtà era morto e lei nella valigia smarrita per disguido, spedita chissà dove, ne trasportava le ceneri ben chiuse in un contenitore.
Antonio amava connettere tra loro persone che lui riteneva assolutamente si dovessero incontrare e che probabilmente non si sarebbero mai incontrate. Era straordinario. Io sono stato connesso con il grande antropologo e letterato Maurice Ollender dell'Ecole des hautes études en sciences sociales di Parigi.
Di recente ho ricevuto una mail di Antonio. Era scritta di giorno. Brutto segno pensai. Conteneva l'ultima confidenza. Da allora non l'ho più sentito.
Mancherà a tutti un autore come lui. Un paladino della civiltà e della libertà che non temeva di dire quel che pensava.Che non guardava in faccia niente e nessuno quando sentiva l'urgenza di difendere il giusto. Ad ogni costo. Mancherà veramente a tutti. E io al mattino guarderò le mail con meno interesse. Un saluto Antonio.