Il Mattino

 
CULTURA, martedì 16 luglio 1985

 

Sulla rotta del Colombo televisivo

 

Le luci della ribalta, fra polemiche e consensi, si sono da tempo spente sul kolossal televisivo che ha voluto ricostruire la straordinaria storia della scoperta dell'America. A distanza di mesi, quando ormai le immagini opulente e discusse appartengono già ai cimiteri memoriali e nulla resta in noi di uno sforzo economicamente imponente, ascrivibile al gusto consumistico, è interessante recuperare ad un significato al di là dell'effimero questo Diario di bordo che, con una intelligente prefazione storica di Lattuada, appartiene, come personale esperienza, ad uno dei "marinai" della pastiche televisiva, quel Brizio Montinaro che, prima di essere attore, è restato sempre fedele ad una tesa coscienza antropologica, ad un bisogno interiore di fare ricerca. Ne è testimonianza, fra l'altro, il suo libro Salento povero, ricco di vissute suggestioni che riguardano il mondo pugliese e le molte penetranti scoperte sulle ritualità e culturalità di Puglia e di Malta relative alla tradizione del maneggiamento dei serpenti, che mi auguro troveranno un editore intelligente. Montinaro, in uno stile vivacissimo che rinnova, nel codice di una narrativa moderna, i grandi diari di bordo dell'epoca colombiana, ha registrato la ripetizione filmistica dell'itinerario colombiano, quale si è consumata dal 12 ottobre al 6 aprile del 1984, da Malta e Granada, ad Aceres, Samanà della Repubblica Domenicana. I profani dei segreti cinematografici riescono a scoprire in questa narrazione tutto l'impianto tecnico di una grande impresa televisiva, le conflittualità fra attori, gli interventi decisivi di Lattuada.
Ma questo libro (Alberto Lattuada e Brizio Montinaro, Cristoforo Colombo. Diario di bordo, ERI, Torino, 1985, pagg. 181), va bene al di là della scarna relazione tecnica, proprio perché Montinaro è riuscito a giustapporre alla sua personale esperienza di attore, e di fine attore, la sua sapienza storica ed etnologica, con il richiamo di memorie testuali che vanno da Pietro Martire alla diaristica cinquecentesca, cosicché, terminata la lettura, gli episodi della quotidianità della troupe sembrano riscattarsi in un gioco erudito e culturale di estremo interesse, che, forse, è una delle poche cose sottratte al naufragio del tempo cui, nella rapida vita delle immagini televisive, è soggetta ogni opera del genere.

Alfonso M. di Nola