"Il vaso di Pandora" ha segnato l'estate pugliese degli spettacoli
Un grosso cocomero si infrange sul palcoscenico in 
mille pezzi. E' il vaso di Pandora e conteneva tutte le disgrazie che da allora 
tormentano l'uomo e l'umanità. Fame, guerre, povertà, solitudine, disperazione, 
vecchiaia, lontananza dalla propria terra, amore non corrisposto, 
morte.
Abbiamo pagato assai cara la curiosità della creatura di Efesto e 
Athena, a cui gli dei fecero i doni più belli che Pandora ripose in una giara di 
terracotta. Andata in frantumi, si ruppe l'idillio e da allora non c'è stata più 
pace: dolore, tormento, angoscia hanno accompagnato il cammino degli uomini. Non 
è un caso che la Pandora dell'era pagana e perciò politeista, viene associata, 
pur con tutti i necessari distinguo filologici e epici, all'Eva della Genesi 
cristiana che, tentata dal serpente, anche lei cedette alla curiosità e alla 
tentazione e colse la mela che provocò l'ira di Dio fino a scacciarla, col 
compagno Adamo, dal Paradiso Terrestre. Non tutto andò però perduto, dacchè nel 
vaso rimase la Speranza: quella che ha aiutato sinora gli uomini ad andare 
avanti, a sopravvivere al fato avverso, nella folle illusione che un giorno 
sulla terra torni l'incanto dei primordi, l'armonia nel cuore dell'uomo, la 
rappacificazione con la natura aggredita e le sue creature, con la fine di ogni 
alienazione e sofferenza, in una dimensione di grande equilibrio dentro se 
stessi, con se stessi, il contesto e le altre creature.
"Il vaso di Pandora" 
ha marcato, dandogli spessore e qualità, l'estate pugliese, troppo incline 
ancora ad attardarsi con proposte di grana grossa, sagre e cantanti di una sola 
canzonetta, proposte costose e tutte uguali partorite dall'immaginazione degli 
assessori alla "cultura". Ha fatto il tutto esaurito nelle piazze toccate, a 
cominciare dall'Otrantofestival. Forse nel prossimo inverno andrà in tournée in 
tutta Italia. E' l'ultimo lavoro dell'attore - scrittore Brizio Montinaro, nato 
a Calimera, nel cuore della Grecìa Salentina, ma "nome" affermato nei teatri 
italiani ed europei. Sinora si è diviso tra teatro e cinema e ha lavorato con 
registi di fama tra cui Jancso e Zeffirelli, Pupi Avati e Pansard Besson, 
Lattuada e Anghelopulos, Montaldo e Comencini. Ma è anche scrittore e raffinato 
studioso della specificità territoriale e culturale che si è ritrovato a 
incarnare; essendo nato in una lingua di terra, la Grecìa salentina, nel Salento 
meridionale, che altro non è se non una derivazione e prolungamento della grande 
Madre Grecia.
Era perciò naturale che Montinaro studiasse la profondità delle 
sue radici, solidamente innervate nel suo patrimonio genetico e di riflesso nel 
background culturale. Ha approfondito la specificità grika e traduce 
direttamente dal greco classico e moderno, anche se ricorda con affettuosa 
riconoscenza una sua anziana maestra, Isa Daniele, che vive a Gagliano, a due 
passi da Santa Maria de Finibus Terrae. 
Francesco Greco