“Moroloja” è lamento funebre, canto di prefiche. La figura della prefica, oramai quasi totalmente scomparsa, proviene da una tradizione molto antica, facendo parte di una ritualità funebre presente non solamente nella Grecìa, ma anche in tutto il Salento e in gran parte della Magna Grecia. Le prefiche (in Latino répute) erano donne che solitamente venivano dal vicinato (in Greco ghetonìa), ed erano incaricate di cantare nenie funebri durante la veglia al defunto e potevano anche rappresentare il conflitto tra il morto e Caronte al momento del trasbordo. Esse accompagnavano i canti con una particolare mimica, nei quali non vi è traccia di riferimenti al concetto cristiano della morte e della resurrezione. Dopo la vita c'è solo dissoluzione, "notte buia", e sono frequenti le citazioni della personificazione della morte (Tanato) o della fata Sorte che determina il destino e che sembra potersi ricondurre alla figura delle antiche Moire. Moroloja è il "modo di piangere controllato" per "facilitare l'allontanamento del morto", "per onorarne la memoria", "per impedirne il ritorno".
Il lavoro presentato si propone come un'ideale prosecuzione, in chiave contemporanea ed elettroacustica, di un'antica tradizione rituale dalla quale trae tutti i materiali utilizzati per la composizione. Il canto monodico originale (in Grico Salentino) è affidato ad una voce femminile, ma affiancato da una controparte maschile che in alcuni momenti le fa da specchio e da sostegno. Sono altresì presenti suoni di strumenti a percussione tipici della tradizione Salentina e più in generale dell'area del bacino del Mediterraneo. Questi strumenti, suonati sia in modo tradizionale (pattern ritmici tradizionali) che in modo più libero ed inusuale, formano un substrato sonoro che dialoga per blocchi contrapposti e si intreccia con il canto, producendo man mano una reciproca frammentazione e contribuendo fortemente, ed in modo funzionale, all'espressione drammatica del rituale. La struttura formale del brano è suggerita e deriva sia dagli oggetti sonori elaborati dalle registrazioni con i due musicisti, sia dalla semplice ed arcaica struttura del canto originale con l'attenzione focalizzata soprattutto alla sua funzione rituale e drammatica, di cui si cerca, per evocazione, di restituirne intatta l'autenticità.
Il compositore è profondamente grato a Brizio Montinaro per il suo pregevole lavoro di catalogazione e traduzione di nenie funebri raccolte dalla fine degli anni '70 in quel lembo di terra che è la Grecìa Salentina. Senza la sua passione ed il suo impegno alla diffusione di questo antico patrimonio, l’arte contemporanea sarebbe stata privata di una preziosa fonte d’ispirazione.
Antonino Chiaramonte