Ricordando LIETTA TORNABUONI

E così, Lietta, te ne sei andata via anche tu. Di quel prezioso ramo dell'albero dell'amicizia sul quale eri collocata, dopo la perdita dell'amico Lorenzo - tuo fratello e magnifico pittore -  e di Oreste Del Buono - tuo compagno delizioso - non mi rimane più nessuno.
E' stata una fortuna per me incontrarvi. Il nostro rapporto era nato e si era sviluppato da certi imprevisti incroci della cultura. Sempre un po' misteriosi.
Lorenzo era stato il primo. All'uscita del mio volume  Salento povero aveva chiesto al suo amico Arturo Zavattini, con il quale io avevo da poco finito di lavorare nel film Giovannino, se poteva metterci in contatto. Aveva voglia e necessità di parlare con me. Aveva letto il mio libro lo stesso giorno dell' uscita in libreria. Quando ricevetti la telefonata fui sorpreso e lusingato. Ammiravo il pittore Lorenzo Tornabuoni. Ci incontrammo nel suo studio e voleva chiacchierare con me sui temi del libro. Soprattutto di tarantismo. Aveva mostrato di conoscere bene l'argomento. Le sue domande, ricordo, erano precise e chiare. Opportune. Brillanti come la sua intelligenza. E si insinuavano con l'intento di far luce nelle zone buie del tarantismo che né De Martino né io, a quel tempo, avevamo saputo illuminare. Parlando parlando fece di me quattro ritratti a matita che mi regalò per suggellare con un atto concreto il giorno della nascita della nostra amicizia.
Lietta l'ho incontrata invece quando per Radio 3 Rai conducevo il mio programma Come se. L'ho invitata un paio di volte ma nella mia memoria è rimasta impressa soprattutto la sua partecipazione alla trasmissione dedicata alla morte. Degli interpellati  nessuno aveva voluto parteciparvi, neanche Praz,  a causa della radicata presenza nel mondo culturale italiano di un forte tabù della morte. Disperato perché il tempo passava e si avvicinava il momento di andare in onda fui costretto a chiamare il solito antropologo e un giornalista. L'unica che potesse parlare per circa tre ore con sapienza e intelligenza della morte nella cronaca e nel costume per me era Lietta Tornabuoni. Gli ospiti di quella puntata furono dunque lei e Luigi Lombardi Satriani. Mi avevano detto che era una donna dura. Con me fu amabile e non capii allora il perché. Rimasi colpito dalla semplicità e acutezza dei racconti fatti da Lietta in trasmissione, dalla profondità del suo spirito di osservazione, dal suo modo di esprimersi su un tema così arduo. Riuscì a far diventare per i miei ascoltatori e per me stesso il tema della morte un argomento affascinante e anche piacevole da ascoltare. Sempre lucida e tagliente. Ricordo che parlando conservava su quel viso, bello come la luna, il suo sorriso splendido.
La incontrai nuovamente qualche anno dopo al Festival del cinema di Venezia dove partecipava  O Megalexandros il film di Anghelopulos del quale io ero uno degli interpreti. Incontrai il fantastico duo Lietta Tornabuoni - Natalia Aspesi nella Hall dell' Hotel Excelsior. Lietta sapeva della mia partecipazione al film e quindi mi prese in disparte per avere da me qualche informazione. Conoscevo il loro amore per il regista greco. Nella circostanza rivelai di avere con me il dattiloscritto che avrei dovuto consegnare all'editore Il Formichiere, a Milano,  alla fine del Festival, e in più che si chiamava Diario macedone e che raccontava in pratica  vita, morte e miracoli sia del film che di Anghelopulos stesso. Le due ebbero un sussulto e con i modi e la seduzione che possono avere le più celebri e brave giornaliste italiane mi convinsero a dar loro, immediatamente, per qualche ora , il dattiloscritto. Lietta, perché non le sfuggissi forse,  mi accompagnò addirittura a prelevarlo dall'Hotel Sorriso nel quale soggiornavo. Tornabuoni e Aspesi intervistarono poi Anghelopulos il quale incontrandomi la sera stessa mi disse, strabiliato, che le due giornaliste gli avevano fatto delle domande intelligentissime e sorprendenti dimostrando di essere molto ma molto informate su.lle vicende del film. Chissà come! Io, opportunamente, tacqui.
Con Oreste del Buono, compagno di vita di Lietta,  realizzai per la radio presso la sede Rai di Napoli una serie di curiosissime interviste impossibili di ambito "giallo": Fu affabilissimo con me e mi trattò subito come un amico, con dimestichezza. Non riuscii assolutamente a capire perché, a trovare una ragione. Qualcuno forse aveva parlato. Grazie Lietta


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