insulaeuropea.eu - Amore e tarantismo. Pungoli per la riflessione. di Giovanni Pizza

Il teatro della taranta (Carocci 2019) di Brizio Montinaro, è il libro di un artista e di uno studioso che non conosce i confini tra le due esperienze, poiché esse si incorporano in un unico organismo e sono pienamente intrecciate e vissute. Montinaro è un cittadino italiano nato a Calimera, nella Grecìa salentina, e, come rivela la quarta di copertina, è attore e scrittore. Egli ci ha offerto negli anni analisi illuminanti sui tarantismi storici ed etnografici, precedenti e successivi all’opera di Ernesto de Martino. E, muovendo da una sensibilità epistemica a carattere artistico, non è mai caduto nel tranello di seguire le tracce del grande antropologo italiano. Oggi i suoi percorsi d’attore lo portano altrove, a cercare luoghi che però lo riconducano all’origine, o, forse, al mito dell’origine. Di certo ora egli torna, competente, a studiare la reinvenzione drammaturgica del tarantismo. Montinaro ha ritrovato cinque testi teatrali di grande valore. Ma in questa sua opera il teatro è anche una metafora metodologica, analitica, critica: è la metafora dell’altrove, appunto, e quindi della dissimulazione, del rapporto vero/falso. Forse la metafora di tutte le metafore possibili è qui proprio la terra salentina. La coevità tra il discorso medicale sul tarantismo e le sue performance teatrali, mostrata con serietà storiografica e con sapidità narrativa da Montinaro, apre scenari critici nuovi nella lettura di un fenomeno la cui immagine, come avrebbe detto del totemismo il grande maestro del pensiero antropologico mondiale Claude Lévi- Strauss – nato nello stesso anno del nostro de Martino (il 1908), ma venuto a mancare quarantaquattro anni più tardi, nel 2009 – «è proiettata, non ricevuta; [esso] non riceve sostanza dal di fuori» (12), per questo spostare il faro e illuminare lo spazio del “fuori” è la procedura che può dare un senso allo studio della reinvenzione del tarantismo. Sono, appunto, scenari critici, quelli sollevati da Montinaro, pratiche che già intorno al tema della falsità o verità del fenomeno avevano interessato, da un lato, gli etnografi della possessione (ricordiamo che un artista e antropologo come Michel Leiris ne sottolineava gli aspetti teatrali (13) e dall’altro lato i filologi e gli storici dei ciarlatani, quelli studiati da Piero Camporesi (14), che avevano osservato le pratiche della finzione tarantistica in Europa assumendoli come percorsi culturali di una vera e propria caccia al tesoro, alla ricerca della gallina dalle uova d’oro. E l’amore è una costante in tali itinerari. È questo l’effetto che produce la lettura offertaci da Montinaro di autori del calibro di Pedro Calderón de la Barca, Luis Vélez de Guevara, Francesco Albergati Capacelli, M. Clément***, Eugène Scribe. Cento pagine di analisi introduttiva e di commento e centocinquanta di testi teatrali tradotti per noi per la prima volta sono il dono che Brizio ci fa, e non possiamo che essergliene grati…