Blogfoolk Magazine n. 456, 26 maggio 2020 di Salvatore Esposito

Pubblicato da Carocci Editore per la collana “Biblioteca di testi e studi” Antropologia Culturale, “Il teatro della taranta. Tra finzione scenica e simulazione” di Brizio Montinaro si inserisce nella serie di pubblicazioni nate in seno al progetto internazionale “Storia e Memoria del Tarantismo”, diretto da Andrea Carlino e dall’indimenticato Sergio Torsello e promosso dalla Fondazione Notte della Taranta e dall’Institut Éthique Histoire Humanités (IEH2) dell’Università di Ginevra. Rispetto alle precedenti opere che riguardavano gli aspetti storico-antropologici del tarantismo e la patrimonializzazione contemporanea del fenomeno, questo prezioso volume arriva nell'anno in cui si celebra il sessantesimo anniversario dalla storica campagna di ricerca compiuta, nel 1959, da Ernesto de Martino in Salento e sovverte le conclusioni a cui quest'ultimo era giunto, aprendoci uno spaccato sulla diffusione del fenomeno in tutta Europa.

Nella premessa l'autore evidenzia: "Questo libro è il risultato di una mia lunga ricerca sul tarantismo durata almeno cinque anni. Come un pescatore, ho lanciato le reti in mare e quando le ho ritirate ho trovato dentro di tutto. Tra moltissimi altri temi e fatti sconosciuti quello che mi è parso fondamentale per attestare, senza equivoci,  la  diffusione del tarantismo in una gran parte d'Europa è stato il teatro. Ho trovato infatti un buon numero di testi teatrali, quasi tutti comici, di breve respiro (farse, entremeses, vaudevilles) sparsi in Spagna, Francia e Italia in cui il tarantismo, in qualche modo, è presente sia perché la protagonista è una tarantata sia perché, proprio attraverso il tarantismo, si fa satira su mode e passioni sfrenate di epoche passate".

Nella prima parte il volume presenta un articolato saggio in cui l'autore ricostruisce nel dettaglio il fenomeno del tarantismo, evidenziando come fu accompagnato dall'accusa di falso sin dalle prime apparizioni documentate, soffermandosi sugli studi di medici, naturalisti, filosofi di tutta Europa come S. Blancaart, G. Cardano, E. Ferdinando, F. Serao, E. F. Leonhardt, M. S. di Renzi e F. Cid ed in particolare sui metodi utilizzati per la cura di questa misteriosa malattia. In un continuo gioco di rimandi tra verità e finzione scenica, Montinaro con una scrittura fascinosa ed affabulatrice ci conduce alla scoperta del fenomeno, analizzandolo sotto un profilo antropologico completamente inedito in relazione al teatro con l'analisi di numerose fonti del tutto inedite e mai citate in studi precedenti sull'argomento. Ripercorrendone la diffusione tra il Seicento e l'Ottocento, l'autore pone in luce come il tarantismo è "un fenomeno dalla vita lunghissima" in quanto, sulla base dei documenti raccolti, si può "con certezza affermare che in Italia è presente dal XIV fino alla fine degli anni Settanta del XX secolo con area di massima diffusione la Terra d'Otranto" e che, inoltre, tale fenomeno ha investito anche gran parte dell’Europa meridionale con particolare riferimento alla Spagna e alla Francia. Come afferma lo stesso Montinaro, probabilmente de Martino tenne da parte i riferimenti circa la diffusione europea del tarantismo in quanto, probabilmente, avrebbero contraddetto - di fatto - la sua analisi storico-religiosa del fenomeno in Salento. Al contrario ciò che è certo è che le risultanze a cui è approdato il ricercatore salentino, arrivano a chiudere un cerchio di indagine in modo ampiamente esaustivo, facendone emergere un affresco molto più articolato di quello sin ora noto.

La prima parte si conclude con un capitolo dedicato alle donne, spesso sottomesse e relegate ai margini della società e che Giovanni Pontano sosteneva simulassero di essere attarantate per giustificare comportamenti lascivi. Il morso del ragno, al contrario, nascondeva un malessere che aveva ragioni differenti essendo una sorta di sfogo per il loro male di vivere. Il cuore del volume è rappresentato dalla raccolta antologica di cinque testi teatrali, alcuni di essi molto rari, il cui comune denominatore è dato dalla presenza in scena di attarantati veri o presunti. Si tratta dei documenti cardine su cui si regge lo studio che rivestono un valore ancor più importante se letti nel contesto più ampio delle ricerche in ambito antropologico. Seguendo un filo rosso storico che va dal Siglo de Oro all’ Ottocento, leggiamo, in sequenza, con testi originali a fronte “Entremés de la Franchota/La Franchota” di Pedro Calderón de la Barca, “Los atarantados/I tarantolati” di Luis Vélez de Guevara, “La tarantola” del Marchese Francesco Albergati Capacelli, “Le danseur éternel/L’eterno danzatore” di M. Clément*** e “La tarentule/La tarantola” di Eugène Scribe. Opere spesso di taglio comico ed umoristico la cui lettura ci conduce a percepire in modo tangibile la penetrazione del fenomeno nei suoi addentellati sociali. Completano il libro un curato apparato iconografico ad intercalare le varie pagine ed una approfondita bibliografia che documenta l'estensione delle ricerche compiute dall'autore. “Il teatro della taranta. Tra finzione scenica e simulazione” è, dunque, un’ opera preziosa ed illuminante per comprendere la complessità del tarantismo sotto il profilo antropologico e culturale.