Il Messaggero

Lunedì 10 Marzo 2008


Danzare col ragno: fascino e mistero del tarantismo

 

di Raffaele Simone

In diverse aree dell’Europa mediterranea (Grecia, Spagna; in Italia, il Salento) appare un misterioso rituale popolare: il morso di un ragno (la tarantola) indurrebbe la vittima (per lo più una donna di campagna) a un’insopportabile malinconia e inquietudine. Per liberarsi di questa sofferenza c’è solo un metodo: danzare per ore al suono di una musica ossessiva, eseguita da una piccola orchestra specializzata. La danza riproduce i movimenti del ragno (la tarantella): bisogna trasformarsi nel ragno e farlo danzare in se stessi fino a sfinirlo. Il ballo porta infatti a una specie di trance che libera la tarantata dal suo male. I guariti si riuniscono una volta all’anno per rendere grazie a San Paolo, loro protettore.
Questo rituale, portato all’attenzione degli etnologi da Ernesto De Martino a fine anni Cinquanta e poi indagato a lungo, si è praticamente estinto: la modernità spazza via tra l’altro anche i fondamenti delle tradizioni popolari. Ma il suo mistero (e il suo tenebroso fascino) è tutt’altro che scomparso. Lo dimostra il successo che da un paio d’anni ha in tutta Italia lo spettacolo montato da Brizio Montinaro (“Danzare col ragno”: vorremmo vederlo a Roma), in cui la lettura di documenti e testi antichi e moderni sul tarantismo è accortamente intrecciata con l’esecuzione di brani musicali che accompagnavano il ballo della tarantata. Montinaro (che è anche scrittore e esperto antropologo) ha ora pubblicato un volume dallo stesso titolo (Danzare col ragno, Argo editore, 18 euro) che contiene i testi del suo spettacolo e altri documenti (tra questi, straordinarie immagini e foto), insieme con un CD che riproduce lo spettacolo intero. L’ascolto e la lettura danno la prepotente sensazione di essere insieme pericolosamente attratti e respinti dalla sfera del ragno, come se questo rituale, per quanto primitivo, interpellasse direttamente ciascuno di noi.