"Il Foglio" del 17-12-2009

IL FOGLIO


GIOVEDÌ 17 DICEMBRE 2009


Brizio Montinaro
 

Il tesoro delle parole morte


265 pp., Argo, euro 18

 

Agàpi, vasilicò, ampèli: amore, basilico, uva. Parole che ancora risuonano nell'entroterra salentino, tra Lecce, Otranto e Gallipoli, in una delle due isole linguistiche italiane (l'altra è quella calabrese d'Aspromonte) in cui può ancora capitare di sentir parlare greco. Anzi, "grico", come dicono da quelle parti. Un antico dialetto ellenico, che per quei fenomeni fisici che riguardano gli idiomi e li accomunano agli esseri viventi, è arrivato fino a noi attraverso i millenni. Sempre più mescolandosi con parole romanze, ma tuttora riconoscibile. Montinaro, per il quale il "grico" è lingua madre, da molti anni affianca all'attività di attore quella di antropologo, incalzato dalla passione per quella parlata a un tempo familiare e misteriosa. E sempre più evanescente, a mano a mano che ne spariscono i vecchi depositari. Il suo "Canti di pianto e d'amore dell'antico Salento" (1994) è considerato una pietra miliare nello studio delle tradizioni di quella parte di Puglia, oltre ad aver ispirato tre diverse opere musicali (come "Outis", musicata da Luciano Berio). Con questo nuovo florilegio della poesia "grica", Montinaro racconta un mondo che sfugge alla morte nel momento stesso in cui la evoca. Brevi frammenti di canti - soprattutto d'amore, riprodotti nella lingua originale con traduzione a fronte - che rimandano a un modo arcaico di guardare alle cose del mondo, legato ai ritmi della terra e delle stagioni. Che per il grico sono solo due: estate e inverno, non esistono parole per dire primavera e autunno, così come per Kore, figlia di Demetra, non ci sono che i sei mesi passati con sua madre e i sei passati nell'Ade, con il tenebroso sposo Plutone. E i numeri sono ancora quelli dell'antico greco, che non ha una parola che indichi lo zero. Il grico ha sollecitato nel tempo, da parte degli studiosi, diverse e opposte, congetture. Si è discusso se sia di derivazione magnogreca o bizantina, per esempio. Montinaro spiega, nel lungo saggio introduttivo, perché è più probabile che in realtà non ci siano state cesure tra le due fonti, e che una continuità culturale - lo sguardo e il cuore costantemente rivolti a oriente, verso la Grecia - sia ben riconoscibile. Nei temi delle composizioni, soprattutto: il destino, le passioni, la perdita, la lontananza, la fatica, la nostalgia, il dispetto, il lavoro quotidiano. I frammenti poetici raccolti da Montinaro rivelano assonanze con i versi nitidi e luminosi di Saffo o di Anacreonte, e disegnano un "paesaggio dell'anima" degno di essere conosciuto e tramandato.