GUIDO CERONETTI. PENSAI FOSSE PAZZO... E INVECE ERA UN PROFETA

Guido Ceronetti è la prova certa che "piccolo" è  "grande".
Minuscolo, secco, emaciato, mai fragile però quando ti parlava, quando scriveva diventava un gigante.
La sua testa bianca con basco sarà indimenticabile.
     L'ho conosciuto tantissimi anni fa in casa della mia vecchia amica Lalla Bo che allora abitava a Roma nel Palazzo Pasolini di Piazza Benedetto Cairoli. Fu molto cordiale. Sapendo che ero un attore e che mi piaceva fotografare ha invitato me e la mia compagna Patrizia De Clara (anche lei attrice per la quale aveva un debole) ad assistere in casa sua alla rappresentazione di un'opera per marionette dal titolo Furori e poesia della rivoluzione francese. Ceronetti abitava allora (poteva essere il 1978/79 se non sbaglio), ad Albano Laziale sui Castelli romani. Naturalmente alla rappresentazione sarebbe seguita una cena. La cosa mi preoccupò un poco visto che mi aveva raccontato di essere vegetariano e io lo  sapevo in più molto frugale. La cena infatti fu un disastro, almeno per me: alcune foglie di insalata, un po' di pane integrale e per noi, Patrizia ed io, solo per noi, una salsiccetta che aveva prelevato dal davanzale di una finestrella che dava sulla strada. La recita invece fu eccezionale! Le sue marionette magnifiche. La voce sua mutevole e sorprendente per quel corpo, quella di sua moglie Erica incantevole.
Ci ritornai un pomeriggio da solo fornito di macchina fotografica. Per questione di luce le foto non vennero granché. E poi io non ero esperto di foto a marionette. Foto di scena. Scena! Era il boccascena di un trabiccolo che simulava uno scalcagnato teatrino per bambini che avrei dovuto fotografare. Quale fascino emanava però questo scricciolo quando agiva nascosto dietro la scena che Erica aveva realizzato per lui...
     Passarono gli anni. Quando uscì per Bompiani il mio Canti di pianto e d'amore dall'antico Salento glielo feci avere. Mi scrisse a mano due foglietti di cose bellissime che mi inorgoglirono. E poi aggiunse che con quei testi di lamenti funebri delle prefiche si sarebbe potuto metter sù uno spettacolo musicale. Inorridii. Pensai fosse pazzo. E invece era un profeta. Da quel libro scaturirono negli anni successivi ben  sei opere musicali composte da autori originari di  tre nazioni diverse d'Europa.
Ora Guido non c'è più. Io perdo poco, ma l'Italia perde uno dei suoi autori più geniali. Di quelli che non nascono di frequente.  Rivoluzionario e conservatore allo stesso tempo. Ci rimarranno le sue opere, la sua spiazzante bizzarria, le sue magnifiche e illuminanti traduzioni della Bibbia e il ricordo di una testa bianca, un basco scuro e i piccoli occhi beffardi.


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