Riflessi del tarantismo nella letteratura antica

Il malmantile ritrovato.JPG Il fenomeno del tarantismo nei secoli passati era talmente noto - sia a livello popolare in quanto il popolo lo praticava, sia tra gli intellettuali che lo osservavano e lo studiavano - da entrare a far parte del linguaggio comune e da essere soggetto di trattazione in molte opere creative. Qui di seguito propongo agli appassionati due esempi di quanto ho appena affermato. Ce ne sono altri, moltissimi, che riverberano in modo più o meno ampio il fenomeno che più ha affascinato tutti coloro che in modi diversi ne son venuti a contatto.

Il primo esempio è tratto da ENEIDE TRAVESTITA di Gio. Battista Lalli (1572-1637).  Poema in ottave di 22 libri in cui si narra con stile eroicomico la vicenda di Enea. Nel 1° libro scoppia una tempesta dovuta alle beghe delle dee. La nave di Enea viaggia verso l'Italia tra onde altissime che la sballottano. Sulla nave nasce un parapiglia, una grande confusione. Molti temono di morire. Lalli così descrive l'eroe Enea:

                                                                   Enea, quantunque bravo, anch'ei tremante,
                                                                   morso da la tarantola parea...

Il secondo esempio l'ho trovato ne IL MALMANTILE RACQUISTATO di Perlone Zipoli (anagramma del nome del poeta e pittore fiorentino Lorenzo Lippi, fiorito nel XVII secolo). In questo poema in ottave e cinque Cantari il poeta mette in rima racconti popolari facendo uso di un linguaggio semplice e "delle più basse similitudini e de' più folgarj proverbi".
Nel quinto cantare, dopo gli scongiuri della maga Martinazza appaiono davanti, provenienti dal mondo di sotto, Plutone e moltissimi diavoli. Così scrive il poeta:

                                                                 Tutto l'Inferno a così gran parole
                                                                 vien sibilando, e intorno le saltella,
                                                                 come dall'alba al tramontar del Sole
                                                                 fa quel, ch'è morso dalla tarantella.

Il tarantismo non ha offerto solo lemmi per il linguaggio comune ma anche spunti per la satira. A questo proposito mi piace qui comunicarvi la notizia del ritrovamento di una poesia satirica in 96 versi, distribuiti in quartine, pubblicata in Spagna l'8 settembre del 1844 nella rivista di satira LA RISA. L'autore è Juan Martinez Villergas. In questo componimento si racconta di un tal don Abundio e della sua infermità guarita in breve tempo dallo straordinario medico don Sergio. E qual è la malattia?  Morso di  "tarantola perversa". Il medico, vedendo don Abundio "en tierra", afferrata una chitarra si mette a suonare la tarantella

                                                                empezò con mil arpegios
                                                                a tocar la tarantela.

Subito don Abundio, udite le prime note, si leva da terra e comincia a ballare e... giù capriole, salti e piroette! Siccome il calore è grande ballando con tanta forza comincia a sudare così copiosamente che in breve tempo guarisce.
L'opera di scavo per conoscere (in Italia quanto in Spagna) la storia del tarantismo in tutte le sue sfaccettature, come vedete,  è infinita.
 


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