ILVA E TARANTO TARANTATA

In questi mesi di notizie tragiche per la salute della gente di Taranto e per la sorte dei lavoratori dell'Ilva mi è tornata più volte in mente una pagina che ho letto un po' di tempo fa leggendo il libro Descrizione topografica di Taranto. L'autore è Giovanni Battista Gagliardo, un uomo al suo tempo molto importante. Egli era Direttore generale dell'Agricoltura de' Beni della Corona di sua Maestà il Re delle due Sicilie e socio di varie accademie italiane ed estere. Il libro è stato pubblicato a Napoli nel 1811 presso Angelo Trani. Mi viene in mente questa pagina a contrasto con i veleni, le diossine, i cancri, i fumi e le morti che, come un manto nero,  coprono il territorio di una delle città pugliesi più belle e importanti. Un tempo anche tranquille, serene.  Eccolo:

Succede al promontorio della Penna il podere Malvaseda, nome di una estinta famiglia tarantina, il quale è innaffiato da' varj canaletti di acqua perenne. Qui nelle belle giornate d'inverno concorrono i Tarentini per mangiarvi il pesce fresco, le ostriche ed altre conchiglie.
Il vedere in questi giorni tutta questa campagna, la quale è piena di agrumi e di ogni specie di alberi da frutto, popolata da famiglie sparse qua e là tutte intente a preparare il pranzo e quindi sdraiate per terra divorarselo, ricordano le belle adunanze greche che terminavano con la danza, come finiscono anche le moderne. Dopo il pranzo unisconsi le varie compagnie e ballano al suono della chitarra la
pizzica pizzica, ballo che esprime tutta la forza dell'entusiasmo e di quel clima che diede occasione ad Orazio di chiamarlo molle.
Concorrevano anche qui una volta le Tarantolate.  Credevano quelle maniache, e facevano crederlo anche ai loro amanti, che senza rivoltarsi nell'acqua, ciò che dicevano Spupurare, non sarebbero guarite. Grazie alla filosofia, alla quale le femmine debbono ora la libertà che prima era loro negata, non vi sono più tarantolate né in Taranto né nel resto della Provincia.

Spupurare, ineffabile parola. Esisterà ancora nel dialetto di questa gente? 
Se le tarantate non esistono più sarà rimasto almeno il pesce fresco, le ostriche, le cozze che erano talmente buone da chiamarsi Taranto prendendo il  nome della stessa città? Mi auguro di sìì E lo auguro anche ai tarantini perché presto possano ritornare senza angoscia per il futuro, senza ansia per il lavoro,  a fare scampagnate e a mangiare i prodotti del loro mare per i quali erano giustamente famosi.


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