I LIBRI VANNO E VENGONO... NON MUOIONO

Ho appena consegnato al mio nuovo editore il manoscritto del mio ultimo libro e ora sono pronto a partire per la Corsica. Isola che non conosco e che vedrò per la prima volta.
Patrizia ed io arriviamo in un bellissimo albergo adagiato, con le sue piccole casette basse, ai margini di una spiaggia bellissima e, siccome ormai il sole sta per tramontare, abbandonati in camera i bagagli,   ci avviciniamo per un aperitivo al bar che si fonde con la sabbia. Pare addirittura che voglia entrare nel mare. Il sole ormai sta per abbandonarci e il cielo si colora di tinte pastello.  La prima cosa che notiamo volgendo lo sguardo verso il mare per godere dei colori del tramonto è una sgangherata libreria da spiaggia,  vuota e senza ombra di libri,  abbandonata lì come un monumento. Mi guardo intorno. C'è un silenzio surreale.  Tutti gli avventori del bar hanno gli occhi posati sui loro strumenti digitali: chi legge, chi con una velocità impressionante picchia sui minuscoli tasti, qualcuno si fa un selfie per magnificarsi con i colori del tramonto.
L'immagine della libreria vuota e abbandonata  in verità non  è confortante per uno che ha appena finito di scrivere un libro.
Davvero le librerie come questa, che forse ha contenuto storie meravigliose di avventure, romanzi d'amore, gialli, noir,  verranno per sempre abbandonate?  Davvero i libri, tangibili e tattili, profumati e sensuali, da aprire e sfogliare come un fiore, come un corpo, scompariranno? Stabat nuda aestas... Davvero non succhieremo più da un corpo di carta il nostro nutrimento spirituale? Tutto finirà? Non frequenteremo più l'azione del leggere? Così privata, intima, così tenera, rilassante. Rituale. Coinvolgente. Così lenta.
      Theo Anghelopulos una volta, quando gli feci notare con un minimo di critica che i suoi film forse erano troppo lenti per le nuove generazioni, mi rispose che proprio nella lentezza le nuove generazioni avrebbero avuto la possibilità di capire bene i suoi film, seguirne la storia,  valutare i contenuti e poi  accogliere oppure respingere i pensieri. La velocità tende a colonizzarci, mi disse.  A non farci pensare, a colpire la nostra pancia e non a sedurre  la ragione.
La stessa cosa io penso  valga per la lettura.  E' leggendo con lentezza, infatti, che veramente si assimila quello che si legge e quindi si impara. Si ricorda.
      Questa libreria,  benché vuota e rivolta verso l'infinito mare, o forse proprio per questo, non mi comunica però  tristezza o malinconia. Forse non è stata messa lì per essere distrutta, penso.  E' stata momentaneamente appoggiata solo in attesa di essere restaurata e accogliere nuovamente i libri di carta. Forse anche il mio,  quando uscirà  profumato e fresco di stampa.
Gli occhi, sono convinto, stanchi si staccheranno presto dagli schermi.  Non bisogna dunque disperare, cari editori.  Non bisogna disperare, cari amici.
       Tornato a Roma dalla magnifica vacanza corsa, (la Corsica è meravigliosa!)  mi metto a selezionare le decine e decine di foto che anch'io  ho scattato senza troppo riflettere, come accade a tutti quando si usano le nuove macchine digitali. Cancello questa, elimino quella che è inutile ma una foto mi attira in modo particolarmente, mi blocca lo sguardo. Riproduce un ombrellone e un pezzo di mare. Mi fermo e guardo attentamente sotto l'ombrellone, e per questo giungo alla certezza che il libro di carta non morirà. Non potrà mai morire. Perché è un atto d'amore di Dio verso l'umanità.
La foto è quella che segue.

 


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